Definizione di decostruzione (in filosofia)
Varie / / November 09, 2021
Definizione concettuale
La decostruzione è una 'operazione' filosofica, nel contesto del corpus teorico elaborato dal filosofo algerino Jacques Derrida (1930-2004), che affronta lo smantellamento di una serie di concetti fondanti della metafisica del Ovest.
Formazione in filosofia
Il termine è una traduzione rispetto alla nozione di Destruktion elaborata da Martin Heidegger. Lavorando su questa nozione, Derrida fa notare che la lettura che cerca di proporre non implica tanto l'idea di una "distruzione" quanto demolizione del precedente ordine metafisico, ma tale decostruzione indicherebbe un'operazione di smantellamento nel senso di smantellamento di un costruzione (grammatica, concettuale) per mostrare come le sue parti sono messe insieme.
di costruzione, strutturalismo, post-strutturalismo
La decostruzione è stata associata alla corrente strutturalista, dato il suo lavoro sulle strutture del linguaggio. Tuttavia, suppone, a sua volta, un gesto anti-strutturalista, perché si tratta di disarmare tale strutture, non solo linguistiche, ma anche sociali, istituzionali, politiche, culturali e filosofico. Per questo motivo gli sviluppi derridiani, in alcuni contesti, sono inseriti all'interno della tradizione “post-strutturalista”, di cui Derrida sarebbe uno dei suoi principali riferimenti. L'operazione di smantellamento, alla quale ci siamo inizialmente riferiti, mira dunque a comprendere il modo in cui si è costruita un'impalcatura filosofico-culturale nel corso della storia dell'Occidente. Pertanto, pur proponendosi di “disarmare” alcune strutture, implica, allo stesso tempo, la capacità di “ricostruirle”.
Sulla (im)possibilità di una definizione
Riferendosi alla stessa teoria derridiana, è difficile dare una definizione positiva di decostruzione perché, secondo l'autore, la decostruzione stessa sfugge a ogni definizione. Di conseguenza, possiamo avvicinarci alla comprensione della decostruzione attraverso un percorso negativo: È limitato a un modello linguistico grammaticale, non è una tecnica o un metodo di analisi, né un recensione. Non sarebbe un'analisi perché non cerca di scomporre le strutture nei loro elementi semplici, in un'origine non scomponibili, ma quegli elementi relativi ad una presunta origine sarebbero, essi stessi, soggetti all'operazione decostruttivo.
Il problema dell'origine sarà un nucleo fondamentale di decostruzione, che sostituisce ogni riferimento a una presenza originaria con l'idea di traccia di un segno: ogni segno nella lingua rimanda sempre a un altro segno, ma mai a una presenza assoluta, come postulato dalla tradizione metafisica. In questa prospettiva, ogni segno linguistico opera, quindi, come una traccia che non rimanda mai a una presenza originaria, ma a una catena di significati dislocati. D'altra parte, la decostruzione non poteva ridursi, allora, ad una critica nel senso kantiano del termine, perché l'apparato critico kantiano è, anch'esso, soggetto da essere decostruito.
Per questo si è affermato che la decostruzione sarebbe una “teologia negativa”, cioè un discorso che si riferirebbe a un aldilà non rappresentabile nel linguaggio. Di fronte a questa interpretazione, Derrida fa notare che, in linea con quanto riferito a proposito della nozione di impronta, non esiste un significato originario che stia al di là del linguaggio. Da qui l'idea che non vi sarebbe, secondo l'autore, un “fuori dal testo”.
Infine Derrida dirà che la decostruzione non è nemmeno un'"operazione" o un "atto" che possa esegue un soggetto, applicandolo a un certo "oggetto", ma risponde all'idea di un "esso" impersonale. Con ciò il filosofo si sofferma sul modo in cui, in una prospettiva decostruttiva, è necessario mettere in discussione la moderna separazione tra soggetto e oggetto. Sopra conclusione, fa notare il filosofo, qualsiasi affermazione che affermi “la decostruzione è X”, sotto la forma logica “S è P”, sarebbe irrilevante, perché non ci sarebbe, in ogni caso, un'essenza delimitabile.
Decostruzione come una catena
Come abbiamo detto, la decostruzione non può essere definita. Tuttavia, è una parola che può essere sostituita da una serie, una catena di significati, a cui Derrida ricorre solitamente in tutto il suo corpus teorico: "scrittura", "traccia", "différance", "supplemento", "imene", "droga"," Margine "," circonferenza "," parergon ", e così via. La lista costituisce una catena sempre aperta, perché nessuna parola può darle un significato chiuso, —totalizzante—; piuttosto, la logica del significato qui farà sempre riferimento ad un altro significato aperto, all'interno di una catena infinita di sostituzioni.
Per concludere, vale la pena ricordare che la decostruzione filosofica ha influenzato aree così vaste che hanno attraversato dal architettura fino al gastronomia.
Bibliografia consultata
DERIDA, J. (1997) “Lettera ad a amico Giapponese". Traduzione di Cristina de Peretti, in Il tempo di una tesi: decostruzione e implicazioni concettuali, Proyecto A Ediciones, Barcellona, pp. 23-27. Derrida edizione digitale in spagnolo.
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