Definizione di "Critica del giudizio" (1790)
Varie / / February 06, 2022
definizione del concetto
È la terza e ultima delle tre Critiche kantiane, comprendente una mediazione tra le aree viste in La critica della ragione pura (1781), dove Kant ha affrontato la ragione teorica nel suo aspetto cognitivo, giungendo alla conclusione che la conoscenza umana si limita a sfera del fenomenico —ciò che ci appare nell'esperienza—, governato da leggi necessarie, cioè le leggi di natura, e la Critica della Ragione pratica (1788), in cui esplorò un altro tipo di legalità, non necessaria ma caratterizzata dalla libertà, non in campo teorico ma nel pratico.
Professore di Filosofia
Il giudizio come termine medio
Il giudizio, nell'ordine delle facoltà di conoscenza, costituisce un termine intermedio tra l'intelletto (che ha una sua sfera nella facoltà di conoscere, per quanto contiene a priori principi costitutivi della conoscenza) e ragione (che non contiene a priori principi costitutivi se non in relazione alla facoltà di desiderare). Se la Critica della Ragione Pura ha indagato le condizioni a priori della conoscenza e la Critica della Ragione Pratica, quelle della
condottamoraleOra, il problema che la Critica del giudizio cerca di risolvere è se essa abbia anche principi a priori di per sé.Il Giudizio, se ci pensi analogia con ragione e intendimento, deve racchiudere in sé anche principi a priori. Tuttavia, il suo principio caratteristico non deve essere derivato da concetti a priori, poiché i concetti appartengono all'intelletto e il Giudizio si occupa solo della loro applicazione.
Il principio di applicazione del Giudizio produce perplessità (soprattutto nei giudizi estetici), perché non si tratta di applicazione di concetti (come avveniva nel giudizi esplorati nella Critica della ragion pura, che ha prodotto conoscenza), ma per cercare una regola che non è data, che non è del tutto oggettiva, ma può essere soggettivo. Ciò significa, in definitiva, che si tratterà di cercare una mediazione tra l'intelletto, l'in sia la facoltà cognitiva, sia la ragione, come facoltà pragmatica, ma tale mediazione non può assumere a carattere cognitivo o teorico, ma sarà legato al sentimento puro.
I tipi di giudizio: determinante e riflessivo
Quando si parla di facoltà di giudizio ci si riferisce alla facoltà di sussumere il particolare sotto l'universale. Kant stabilisce, fin dall'inizio, una distinzione generale tra i giudizi determinanti (quelli in cui sono dati il particolare e l'universale, in modo che il giudizio sussume il particolare sotto l'universale dato) e giudizi riflessivi (in cui solo il particolare è dato e la facoltà di giudizio deve trovare l'universale mediante riflessione). Qui riflettere significa mettere in relazione certe rappresentazioni con le nostre facoltà.
Il giudizio riflessivo riflette su oggetti già determinati, per trovare l'accordo tra loro e il soggetto, in modo tale che ci sia armonia tra le cose e noi stessi come soggetti sapendo. Questa armonia è correlata al presupposto che assumiamo uno scopo della natura nei suoi molteplici casi particolari, quindi cerchiamo sempre a Unità sotto il quale tutto il particolare è sussunto, come se ci fosse una teleologia che ordinava il mondo. Lo scopo nell'ordinamento della natura, quindi, lo troviamo in due modi, in due sfere di giudizio: estetico e teleologico.
Il giudizio estetico e il giudizio teleologico
Il giudizio estetico si divide, a sua volta, in due tipi: il giudizio del bello e il giudizio del sublime. Quando diciamo che qualcosa "è bello", assumiamo che sia una proprietà oggettiva della cosa. Kant sottolinea però che il giudizio sulla bellezza dipende dal rapporto tra soggetto e oggetto, mediato dal sentimento di piacere.
Lo stesso accade con il giudizio sul sublime: la sublimità non è una proprietà essenziale dell'oggetto in questione, ma sta nel modo in cui il soggetto è legato all'oggetto. In entrambi i casi ci troviamo di fronte a giudizi riflessivi, differenziati per le facoltà che intervengono caso per caso. La ragione interviene nel giudizio sul sublime, mentre questo non avviene nel giudizio sul bello.
D'altra parte, il giudizio teleologico si distingue dal giudizio estetico perché in quest'ultimo non c'è fine manifesta; D'altra parte, nel giudizio teleologico, l'uomo si considera il fine ultimo della natura e, in questo modo, costruisce un ponte tra il mondo sensibile e il mondo della realtà. moralità.
Riferimenti bibliografici
Giovanni Reale e Dario Antiseri (1992) Storia di pensiero filosofico e scientifico. II. Di
umanesimo a Kant. (Il pensiero occidentale dalle origini ad oggi. Volume II. Editrice La Scuola, Brescia, quinta ed. 1985), trad. di Juan Andrés Iglesias, Barcellona.
Kant, Immanuel (1984), Critica del giudizio, trad. Manuel Garcia Morente, Madrid, Espasa Calpe.
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