Concetto in definizione ABC
Varie / / July 04, 2022
definizione del concetto
La tragedia costituisce una categoria letteraria su richiesta del fenomeno sociale del teatro nell'antica Grecia, da esporre storie vere, di fantasia o che mescolano elementi di entrambi, che sono solitamente caratterizzate da un clima di afflizione e vittime. Allo stesso modo, il termine descrive eventi gravi nella realtà sociale quotidiana.
Professore di Filosofia
L'origine storica della tragedia greca
La tragedia, come genere artistico, ha origine ad Atene intorno al VI secolo a.C. C., raggiungendo il suo massimo splendore nel V secolo aC. C., da cui inizia il suo declino. È un'espressione che si sviluppa nel contesto di poliziotti, città, una volta consolidate determinate condizioni materiali.
Da un lato, sul piano civico-religioso, la vita pubblica ateniese ha vissuto a clima libertà e autonomia, che si esprimeva in modo festoso. Questo senso di festa era legato a un rapporto di familiarità con gli dei: la vita religiosa non lo era costituiva una sfera separata dalla vita pubblica, profana, ma c'era un legame di immediatezza tra le due. Dall'incorporazione della figura di Dioniso al pantheon, Atene fa spazio all'offerta di feste celebrative per adorarlo; in modo tale che, nelle feste dionisiache, si esalta la forza del culto come elemento distintivo del corpo civico ateniese.
Sul piano poetico-discorsivo, invece, le feste introducono un elemento decisivo nello sviluppo della tragedia: la nozione di dramma, sorretta dalla mimesi, cioè imitazione.
In terzo luogo, le feste dionisiache aprono la possibilità di uno spazio di incontro civico, che sarà la condizione per lo sviluppo del Teatro, come spazio in cui gli individui si riuniscono per contemplare qualcosa. Così, il concorso di queste tre condizioni: il senso di festa, l'elemento poetico della mimesi e il infrastruttura teatrale: è il punto di partenza propizio per lo sviluppo della tragedia greca.
struttura della tragedia greca
La struttura drammatica della tragedia presenta diversi elementi: essa inizia con un prologo, in cui il un riassunto della trama dell'opera, che mostra il passato dell'eroe tragico —che ne è il protagonista—, fino ad arrivare al suo Regalo.
Poi continua il canto del coro (párodos), che dà origine agli episodi da cui si articola la trama, rappresentati dagli attori. Il coro dialoga durante tutta la performance con i personaggi, esprimendo i loro pensieri, e interviene tra ogni puntata per impostare il corso drammatico di azione, per mezzo di idee di un filosofico e morale. Il coro e l'eroe si alternano tra cantare e recitare, esponendo così il dibattito di fronte a una certa questione conflittuale (agon), come la trasgressione di un regola, vendetta, giustizia, ecc. La tragedia si conclude infine con l'esodo (exodos), dopo l'ultimo episodio, in cui l'eroe prende coscienza del proprio responsabilità sugli eventi precedenti.
Eschilo, Sofocle ed Euripide sono stati autori riconosciuti come referenti del genere tragico greco, nel corso della storia. Tra le opere tragiche più paradigmatiche si possono citare Prometeo incatenato, di Eschilo; Antigone ed Edipo re, di Sofocle; o Medea, di Euripide.
La funzione sociale della tragedia
Nella sua Poetica, Aristotele (384 a.C. c. - 322 a.C C.) indica la funzione "pedagogica" della tragedia, attraverso gli elementi della mimesi e catarsi. Il tratto formale caratteristico della tragedia è la rappresentazione per imitazione (mimesi) di un'azione che, attraverso la compassione e il terrore che suscita nello spettatore, provoca un sentimento di liberazione rispetto a tali sensazioni (catarsi). La tragedia imita un'azione — che è compiuta dai personaggi —, la cui plausibilità sta nel fatto che la successione degli atti è razionalmente necessaria, proprio per la sua struttura. Con il progredire della trama, viene rivelato un male che consiste nel risultato razionale di un'azione necessario compiuto dall'eroe tragico e che, inevitabilmente, finisce per soffrire per primo persona.
La sofferenza dell'eroe porta lo spettatore a temere, identificandosi con lui, che ciò gli avvenga nella sua stessa carne. Tale paura lo fa sentire dispiaciuto per l'eroe e di conseguenza sente il desiderio di evitare il male. Ciò che accade, allora, è che con questo desiderio avviene una trasformazione morale dello spettatore, che tende verso correggi le passioni che lo porterebbero a una disgrazia come quella che osserva nella sofferenza dell'eroe tragico.
In ciò sta il valore catartico della tragedia, che si traduce in un valore pratico e politico, poiché provoca a apprendimento per la vita nello spettatore. Tale apprendimento è possibile solo data la distanza estetica che separa lo spettatore dagli atti imitati dal tragedia, poiché, se si annullasse la distanza contemplativa, la catarsi non potrebbe verificarsi, ma solo un sensazione di paura.
Riferimenti
Velez Upegui, M. (2015). sulla tragedia greca. Araucaria. Giornale iberoamericano di filosofia, politica e scienze umane, 17 (33), 31-58.Sanchez, A. (1996). "Catarsi" nella Poetica di Aristotele. In Annals of the History of Philosophy Seminar (n. 13, pp. 127-147).
Martinez Menendez, I. (2008) Generi letterari nella letteratura greca.